ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO

E AD ALTRI RISCHI AMBIENTALI

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PROCESSO FINCANTIERI E LOTTA PER LA SALUTE

di Restani Iglis dipendente Fincantieri dal 1975,del direttivo provinciale dell’A.E.A.

 

 

Il processo ai dirigenti Fincantieri,ora in pensione,per la morte di 14  lavoratori   a causa dell’utilizzo di  materiali di amianto e di 3 delle loro mogli per i lavaggi delle tute da lavoro,ha messo impietosamente in luce la mancanza di prevenzione,l’ignoranza delle leggi e la superficialità che regnavano  in questo cantiere che hanno fatto sì che,nonostante fossero conosciuti da tempo gli effetti altamente nocivi di questo minerale,l’amianto continuasse ad esere usato.A tutto discapito della salute dei lavoratori e  in  certi casi anche purtroppo della vita.

Malvagità dei dirigenti’ La risposta è un’altra.Se guardiamo ai morti da  CVM  del Petrolchimico,se

prendiamo in esame le statistiche sulle malattie professionali delle industrie di Porto Marghera dagli anni  60 ad oggi,ora in buona parte dimesse,se aggiungiamo i livelli di inquinamento della laguna e dell’entroterra,possiamo ben vedere di come si tratti in generale di uno sviluppo industriale che ha creato benessere economico ma  che non ha reinvestito in impianti più moderni e meno nocivi.

E qui siamo ad un tema antico nelle società industriale,quello del rapporto  tra sviluppo e tutela  della salute e dell’ambiente.Qualsiasi attività umana produce un minimo di inquinamento ma è possibile,con una adeguata misura nella produzione ed un utilizzo della tecnologia,mantenere  l’inquinamento nei limiti che ne permettano il riassorbimento.Una visione che associa necessariamente l’inquinamento all’industria è perciò sbagliata.Vice versa occorre impedire che mettendo al primo posto il profitto immediato si scarichi poi sull’intera società il costo delle malattie,dell’inquinamento e persino delle morti dei lavoratori.

E questa ,guardando ai guasti prodotti,è la strada che il padronato pubblico e privato scelse a Portomarghera.

Strada che si è anche dimostrata  perdente sul piano della competitività vista la chiusura di  fabbriche o l’acquisizione di impianti da parte di capitale straniero in possesso di tecnologie più avanzate.

In tutta questa storia non si può non rilevare come l’azione dei sindacati confederali per la difesa della salute sia stata inadeguata e come in particolari casi vi siano state preoccupanti zone d’ombra.La lotta per la  salute è stata vista a volte come un fastidio e comunque come una questione da affrontare non contemporaneamente alla soluzione di crisi  industriali e ristrutturazioni,ma solo dopo.Non è un caso perciò che il processo per i morti al Petrolchimico  sia nato da una minuziosa indagine  di un semplice operaio in pensione né che il processo ai dirigenti Fincantieri sia derivato da un esposto alla magistratura della Associazione Esposti Amianto locale.

E soltanto dopo questi specifici fatti  che quei sindacati sono intervenuti.La stessa legislazione  sull’amianto ha cercato di riparare danni già avvenuti.Per non parlare delle grosse difficoltà  che ci sono state per definire le situazioni di esposizione dei lavoratori  a causa della mancanza  di controlli  effettuati dalle autorità sanitarie nel corso degli anni,della resistenza da parte delle aziende a fornire la documentazione sull’utilizzo dell’amianto e della riluttanza durata per anni dei sindacati confederali  ad intraprendere la strada delle cause legali abbracciata fin dall’inizio con determinazione dall’A.E.A.Il risultato è stato,né poteva essere altrimenti,che l’attenzione si spostò  dal tema della salute a quello della pensione,considerando che la causa legale alla Fincantieri iniziò non molto tempo dopo la riforma Dini che porta,come si sa,gli anni lavorativi da 35 a 40.

 Il processo Fincantieri dovrà necessariamente fare giustizia per i lavoratori morti e le loro famiglie anche se i precedenti del Petrolchimico non fanno ben sperare.Nello stesso tempo deve servire agli attuali lavoratori dello stabilimento a stabilire una precisa linea di condotta in merito alla salvaguardia della salute.Per esempio:ci sono oggi in cantiere sostanze nocive o cancerogene?E se sì quali?Ci sono studi effettuati da istituti medici pubblici sui materiali usati?Esistono strumenti

semplici di rilevazione dei fumi e di altre nocività che i delegati alla sicurezza ed i lavoratori possono utilizzare?Ci sono esperienze utili al riguardo in altre aziende italiane ed in altri paesi? Pongo queste domande non per fare dell’allarmismo ma perché chi ci lavora sa bene che sono domande all’ordine del giorno.

L’attuale organizzazione del lavoro che vede affidati a 1500-2000 lavoratori degli appalti i cosiddetti lavori sporchi ed ai 1200 dipendenti diretti  i lavori più qualificati,rende ancora più difficile alla rappresentanza sindacale di fabbrica ed ai lavoratori in generale gestire una situazione  in cui tempi di lavoro e condizioni contrattuali sono diversi e che vede in generale la qualità dell’ambiente di lavoro e dei servizi  tendere al peggioramento piuttosto che al miglioramento.E non sempre l’attenzione e la sensibilità dei  lavoratori Fincantieri,in gran parte pendolari e quindi portati a vedere la fabbrica ancora più estranea di quello che è,verso il problema della salute sono costanti.Occorre poi considerare che in un  ambiente di lavoro disordinato,in cui non vengono forniti ed utilizzati adeguatamente i mezzi di protezione e di aspirazione dei fumi,in cui l’azienda risparmia sulle strutture e sulle innovazioni tecniche,la qualità del lavoro alla lunga non può che diminuire ed è invece sulla qualità che occorre puntare.Il modello tutto sommato coreano di Fincantieri potrà durare ancora a lungo?Il processo Fincantieri deve perciò servire alle nuove generazioni di lavoratori perché si abbandoni un modello di fabbrica arretrato che  sa soltanto risparmiare sui salari e sulla salute  dei lavoratori.

 

 

 

 

Restani Iglis dipendente Fincantieri dal 1975,del direttivo provinciale dell’A.E.A.

 

 

 

 

 

 

 

 

Venezia, 1 Febbraio 2006